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Devianza nell'infanzia e nell'adolescenza: il Bullismo

A cura del dr. Massimo Blanco

Ultimamente il mito che il futuro criminale risieda in ambienti degradati e con alto tasso di delinquenza, è stato rivisto dall’insorgere di tendenze devianti e criminali in strati sociali che un tempo non destavano particolare preoccupazione. E questo fa riflettere, atteso che le nuove forme di delinquenza si esprimono spesso in quella parte di società cosiddetta “perbene” e rispettabile, caratterizzata da una condizione economica spesso abbiente.
Il fenomeno del bullismo di cui tanto si parla oggi, è una condizione che si rifà a vecchie degenerazioni come il nonnismo militare o di alcuni luoghi di lavoro e si collega a tutte le devianze che hanno in comune il considerare l’ “altro” come un oggetto.
Il bullismo è stato associato al mondo scolastico, ma tale assioma sembra non collimare alla vera essenza del fenomeno.
Probabilmente se ne parla maggiormente e fa più scandalo poiché avviene in un contesto che dovrebbe avere un certo tipo di controllo (in quanto considerato “ambiente protetto”), ma è una forma di comportamento deviante che può accadere in molti ambiti sociali.

Normalmente, l’azione del bullo (che, lo ripeto, può essere un bambino quanto un giovanotto di venticinque anni) si attiva contro soggetti “devianti”, a giudizio del bullo stesso (paradossale, ma è così) rispetto alla “normalità” del gruppo.
Così accade che la vittima predestinata sia un individuo (avviene anche tra femmine) che non si conforma alle “regole” del gruppo per il modo di abbigliarsi, di parlare, di bere e che non si “fa le canne” come gli altri. Insomma, uno che, a tutti gli effetti, viene considerato lo “sfigato” di turno.
L’azione del bullo o dei bulli, si realizza sempre alla vista di altri componenti del gruppo che si mostrano leali spettatori in quanto, a loro volta, non vogliono diventare vittime.
Le cause psicologiche e sociali del bullismo, sono da ricercarsi nell’innata aggressività del soggetto deviante (il bullo, naturalmente) determinatasi quasi sempre nell’infanzia e dovuta a carenze affettive, eccessive regole o punizioni, o troppa permissività da parte della famiglia.
Invero, un ruolo importante è determinato dal modello genitoriale nel gestire il potere.
L’uso eccessivo di punizioni fisiche porta il bambino e, di conseguenza, il futuro adulto, ad utilizzarle per far rispettare le proprie regole.
Un dato certo è che oggi, il fatto che i ragazzi e i giovani attuino tali atteggiamenti, può non essere ricondotto a fattori di punizioni fisiche subite nell’infanzia come poteva esserlo un tempo, atteso che i bulli di oggi, in controtendenza a ciò che sarebbe naturale credere, appartengono, come già detto, a quello strato sociale abbiente, costituito da famiglie normali, rispettabili e permissive.
Da svariati studi, emerge che tali condotte si verificano quando i genitori, occupati dal lavoro e praticamente assenti o carenti nelle relazioni coi propri figli, non sono in grado di fornire in modo adeguato i limiti oltre i quali certi comportamenti sono consentiti.
A livello sociale, il bullismo si può sviluppare anche quando i fattori di gruppo favoriscono certe condotte, nel senso che basta che nel gruppo vi sia un bullo, il quale gode di stima e rispetto da parte degli altri (più che altro per la paura di diventarne vittime), al quale ispirarsi come modello.



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